Come è tipico nelle società di antico regime, Bologna offre un quadro assistenziale e terapeutico molto articolato, in cui il medico è affiancato da una pluralità di figure professionali diverse, dagli speziali e i barbieri-chirurghi a una più ampia costellazione di curatori popolari, quali cerretani, norcini, comari, droghieri, distillatori, erbolari. Al vertice di questo complesso sistema si pone il Collegio dei medici, un organismo elitario che, attraverso i suoi statuti e il rilascio delle licenze, esercita un forte controllo sulla professione e sulla pratica medica bolognese. Molte delle convenzioni della ritrattistica encomiastica riflettono le modalità con cui gli statuti hanno regolamentato l’immagine pubblica del medico: sono infatti documentati processi per l’abuso della tipica veste dottorale, che a Bologna è nera, “alla ducale”, con maniche larghe. Tra i principali rappresentanti della medicina bolognese del ‘600, Marcello Malpighi (1628-1694) affianca all’immagine più convenzionale di professore universitario, quella di osservatore della natura, come trapela dalle pagine della sua Autobiografia. I suoi contributi allo sviluppo dell’anatomia microscopica e, in generale, il suo approccio osservativo alla natura sono al centro di una lunga querelle che la mostra prova a documentare attraverso i ritratti dei suoi protagonisti.