A partire dalla seconda metà del XVI secolo anche i chirurghi bolognesi dotti, quelli cioè che avevano studiato medicina e filosofia all’università e che erano diventati professori di chirurgia, iniziano a essere ritratti, come solitamente accadeva per i medici e i filosofi naturali. Questo processo di (auto)rappresentazione riflette l’importanza politica, culturale e civica che nel tempo la chirurgia erudita bolognese si era ritagliata all’interno della vita cittadina. Soprattutto a Bologna (così come a Padova), infatti, essi erano membri del Collegio dei medici e quindi figure centrali dell’assistenza, dell’insegnamento e dell’identità culturale della città, visto anche il loro coinvolgimento nel rituale della dissezione anatomica nei teatri cittadini. La ritrattistica rispecchia la natura eclettica della loro formazione e professione. Tra i più celebri esempi, quello di Gaspare Tagliacozzi (1545-1599), di cui è in mostra il dipinto attribuito a Tiburzio Passerotti (1575-1612), nel quale il chirurgo è ritratto vestito in modo elegante, con i contrassegni del Collegio dei medici e, tra le mani, il suo libro De curtorum chirurgia per insitionem.